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Il Convento di Santa Maria in Prato a Radda in Chianti

   

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La zona nella quale è situato il Convento francescano di Radda in Chianti ha origini antichissime1 e il toponimo «Santa Maria» ad essa assegnato ci testimonia quanto la devozione mariana fosse sentita nel mondo rurale come in quello urbano. Sin dal X secolo il luogo è, infatti, ricordato come meta di pellegrinaggi devo­zionali da ogni parte del Chianti, dal Valdarno e dalla VaI di Pesa, per la presenza di un immagine di Maria ritenuta miracolosa, collocata in un piccolo oratorio edi­ficato sopra «un prato» nei pressi di Radda. Dedicato alla Natività della Madonna, questo risulta compreso sin dall'inizio del IX secolo fra gli edifici religiosi e i castelli appartenenti al ramo della famiglia Ricasoli da Montegrossi.

Con il passare del tempo, la piccola cappella posta fuori delle mura assurse al ti­tolo di chiesa curata e nel XV secolo figura fra le chiese suffraganee della pieve di San Giusto in Salcio. Compare, inoltre, nello Statuto di Firenze del 1415 dove il po­polo di Santa Maria al Prato è ricordato fra quelli che componevano l'antica Lega del Chianti nel terzo di Radda e nel piviere di San Giusto in Salcio. La menzione più antica del luogo è in una vendita dell'801 d'alcuni pezzi di terra lavorativa posti pres­so Santa Maria, unità poderale significativamente indicata con questa stessa deno­minazione. Nel 1427 questo podere risulta compreso nel beneficio parrocchiale della chiesa di Santa Maria che qui vi sorgeva da tempo ed è ricordato in una testimo­nianza del 1600 ancora «beneficio semplice» della chiesetta-oratorio. Il podere è an­cora citato al tempo della visita pastorale del 1784 per la rendita connessa alla de­vozione della cappella dedicata alla Concezione istituita presso l'altare maggiore della chiesa parrocchiale di Radda, che ne ha conservato la proprietà sino al 1966.

Un'antica Cronaca del Convento degli inizi del XVIII secolo riferisce che «non si sa né perché, né da chi, né quando fosse edificata questa Chiesa, verosimilmente su una struttura preesistente, forse inizialmente proprio il semplice tabernacolo con l'immagine di Maria. Possiamo forse presumere che sia stato lo stesso proprietario del terreno, in virtù del beneficio consistente nel podere che questi aveva costituito e donato all'oratorio stesso affinché con le rendite fossero celebrate le messe in onore della Madonna.

Nei documenti che la riguardano, non si hanno molte citazioni della chiesa-oratorio che non sembra menzionata nelle decime duetrecentesche. Come oratorio sotto il titolo di «Santa Maria dal Prato» figura nel 1428 in un inventano di beni ecclesiastici, così come nel 1460 in una controversia fra i due rettori della chiesa titolari dello stesso beneficio parrocchiale8. Ancora come oratorio di «Santa Ma­ria a Radda» è registrata nella visita pastorale del 1437, mentre indicata solo come «Santa Maria» compare più tardi nella cartografia della fine del XVI secolo, inclusa nel popolo di San Niccolò a Radda. È ricordata nel decreto vescovile del 1600 con il quale fu aggregata alla parrocchia di San Niccolò a Radda.

La successiva costruzione del convento si collega alla crescita dell'importanza del culto verso la «sacra immagine» posta nella piccola chiesa, che inizialmente re­se necessaria l'istituzione di un'Opera per amministrarne le offerte, per il mante­nimento dell'edificio e per la cura del culto. Con la donazione ai Padri Minori Rifor­mati dell'Ordine di S. Francesco da parte della comunità di Radda, questo oratorio fu staccato dalla prioria di San Niccolò nel 1708. All'inizio del XVIII secolo fu quindi edificato il convento, forse l'ultimo istituito nel Chianti dopo la grande dif­fusione degli ordini monastici avvenuta nel Medioevo anche in questa zona. Come ricorda un'antica Croriaca, alla costruzione del complesso monastico - che con­servò la stessa dedicazione della chiesa - si interessarono, fra il 1708 e il 1720, il Vescovo di Fiesole e numerosi prelati. Tuttavia, le strutture necessarie furono ul­timate soltanto diversi decenni dopo. Ai lavori contribuirono con proprie offerte e donazioni alcune famiglie di Radda nonché alcuni religiosi delle chiese vicine -come il priore di Volpaia e il pievano di Santa Maria Novella in Chianti, oltre al priore di Radda - che offrirono beni e arredi. La stessa testimonianza ricorda che, in seguito ad una lite insorta nel 1710 fra i Raddesi che pretendevano di trasferire la Compagnia della Concezione ivi istituita nel 1640 e ripristinata nel 1713 - che pur risultava aumentata numericamente di iscritti - seguirono alcuni dissapori fra il priore di Radda e i frati del convento a proposito del benefizio delle messe e del­la festa della Concezione che questi aveva l'obbligo di soddisfare10. Ne derivò una lite durata diversi anni finché nel 1761 il Vescovo stabilì che «il priore non venis­se più a celebrare in questa chiesa le messe del benefizio, ma bensì le celebrasse nella prioria» di Radda, mettendo così fine al decennale diverbio.

Una lapide posta all'interno ricorda la visita del granduca Pietro Leopoldo, ospi­te illustre del convento nel 1773, in occasione della «sua gita di Radda e Chianti». Fra il 1808 e il 1810 la chiesa e il convento furono coinvolti dalla soppressione del Governo francese napoleonico, poi ripristinati con la Restaurazione nel 1815, e da quella del Governo italiano attuata nel 1866, diventando proprietà demaniale. Do­po altri passaggi di proprietà, il complesso fu acquistato nel 1935 dalla Provincia To­scana delle Sacre Stimmate dell'Ordine dei Frati Minori, ospitando i religiosi sino al 1974 quando, diminuiti di numero, si trasferirono in altra sede12. Infine, nel marzo del 1996 la chiesa è stata acquisita dalla Venerabile Confraternita di Misericordia di Radda in Chianti quale cappella e «santuario» di tale Associazione1~. Attualmente, del precedente edificio romanico resta traccia nel paramento murario della chiesa.

L'odierno complesso consiste in una costruzione raccolta attorno a una piccola chiesa preceduta da un portico - alla quale fu aggiunto con la ristrutturazione del XVIII secolo14 - che avvolge l'originario edificio sulla fronte e sui fianchi la­terali fino a raccordarsi in corrispondenza dei due bracci del transetto. L'occhio nella parte terminale della facciata è frutto di un rifacimento successivo, come di­mostrano due immagini risalenti agli anni 1915 e 192215. La chiesa vera e propria presenta la consueta facciata a capanna in cui si apre il portale sormontato da un occhio, impianto interno a croce latina con unica navata rettangolare, al termine della quale è il transetto, coperta con volte a crociera intonacate.

Sull'altare maggiore in pietra è collocato un polittico raffigurante la Madonna Col Bambino tra i santi Giovanni Battista Nicola Maria Maddalena e Antonio a~a­te dell'artista fiorentino Neri di Bicci, recante la data 1474, recentemente restaurato; sull'altare di destra è una tela ottocentesca di fattura artigianale con San Fran­c~sco in estasi; si conservano, inoltre, alcuni oggetti liturgici dei secoli XVIII-XIX e paramenti sacri settecenteschi16.

Nella visita pastorale del 1437 fra gli oggetti di culto della chiesa è segnalata l'esistenza di un antifonario o corale dedicato alla Vergine Maria mentre in quella del 1445 si accenna a «una tavola della Vergine Maria» sull'altare della cappella. Al tempo della visita pastorale del 1784 è ancora citata un'immagine di Maria San­tissima «in un tabernacolo nell'altare maggiore»17. Inoltre, già agli inizi del XVIII secolo, l'antica Cronaca del convento ricordava l'esistenza nel 1712 di alcune reli­quie di Santi e del legno della Santa Croce «legate tutte in un sol reliquiario».

Alla fine del XVIII secolo, la chiesa era dotata di diverse cappelle patronali, fra le quali quelle delle famiglie Bianciardi e Minucci, rispettivamente dedicate a san Pietro in Vinco/a e a san Giuseppe19. Nella prima metà del XV secolo la costruzio­ne doveva, invece, essere alquanto modesta se nel 1437 l'estensore dell'inventano indicava la canonica genericamente come «doino ecc/esiae» senza specificare gli am­bienti di cui era composta e già dal 1428 dall'inventano dei beni spettanti all'ora­torio emergeva il grado di usura delle masserizie della camera del rettore.

Sempre dall'antica Cronaca del convento risulta che anche il primo organo del­la chiesa «lasciato in testamento» nel 1737 dal sacerdote Bartolomeo Buoni - al­lora pievano di San Pietro a Cintoia - era stato collocato sopra una cantoria appo­sitamente eretta sopra la porta d'ingresso della chiesa e si dice che tale strumento fu in seguito venduto perché in cattive condizioni nonostante alcuni tentativi di farlo accomodare a spese del convento stesso «per comprarlo migliore, ed è que­sto che s'ha al presente». Fatto restaurare totalmente con aggiunte e modifiche nel 1756, subì altri interventi nel 1806 e nel 1837: per quest'ultimo lavoro, dovu­to a Michelangelo Paoli di Campi Bisenzio, la spesa fu sostenuta da Baldassarre Pianigiani, all'epoca procuratore del Convento.

Nel 1974, quando fu trasferita in altra sede la piccola comunità religiosa, l'intero complesso, con gli edifici religiosi, l'orto, la foresteria e gli annessi, è stato adibito ad abitazioni private23. La chiesa è aperta al culto solo per la funzione domenicale.